Due cose, a mio avviso, balzano all’occhio nel dibattito politico di
questo giugno
: l’ignoranza e l’intolleranza. Si dirà che entrambe sono le cifre
distintive di una stagione non particolarmente brillante delle istituzioni
democratiche, se però anche nella sonnolenta Ferrara estiva, nella stagione in
cui la gente in genere più che dedicarsi a discutere di amministrazione
pubblica, cerca un ristoro dalla calura e dalle zanzare, vuol dire che esiste
un progressivo deteriorarsi del vivere civile. Ignoranza e intolleranza mi pare
siano sotto gli occhi di tutti, nei toni e nelle forme del dibattito; la
gestione trogloditica delle proprie opinioni emerge con chiarezza dalle
esternazioni di chi suggerisce di fare una colletta per spedire in Africa un
sacerdote che si distingue per il proprio impegno sociale. Se non bastasse il
livello truce dell’argomentazione, nella sequela di commenti che sono
pubblicamente disponibili sui social network si trova un florilegio ben
rappresentativo della poltiglia culturale in cui ci siamo venuti a trovare, e
che è a questo punto un dato endemico. In sostanza sono convinto che anche risolto
– se mai sarà risolto – il problema dell’immigrazione nel nostro paese, saremo
talmente avvelenati di odio che faticheremo a trovare un modo qualsiasi di
convivenza. Ignoranza e intolleranza si
trovano appaiate anche nella risibile, ennesima polemica ai danni
dell’arcivescovo Luigi Negri, al centro di una querelle basata sul nulla, sul
vuoto pneumatico, sullo zero assoluto, con il presule costretto a dare ragione
di un presunto attacco al movimento 5 stelle quando invece metteva sull’avviso
della manipolazione delle coscienze da parte di chi ha la propria
legittimazione da uno studio di consulenza e di marketing. In una città civile,
in entrambi i casi, ci si poteva attendere una qualche reazione del mondo
associativo, di quello politico e sociale. Le voci che si sono sentite si sono
segnalate invece per la scarsa moderazione, se non proprio per l’adesione al
modello “rasoterra” di cui si diceva: campagne mail per una sedicente “battaglia”
per la laicità dello stato, e bastonate mediatiche a chi accoglie le persone in
difficoltà. Solo di passata facciamo presente che, in ambo i casi, parliamo di esponenti
del mondo cattolico cittadino, nel suo vertice e nella sua base. Entrambi
sacerdoti ed entrami attaccati in modo villano nel mutismo di chi dovrebbe invitare
ad un atteggiamento più responsabile, a partire dalla sparuta pattuglia dei
cattolici PD, vero monumento all’insignificanza politica in questa stagione che
imporrebbe coraggiose prese di posizione pubbliche, chiare e ben definite. Il
silenzio, insomma, non sempre è d’oro. In alcuni casi, purtroppo, è di piombo.