In
un dibattito politico piuttosto autoreferenziale e asfittico, non hanno
avuto alcun tipo di reazione le dichiarazioni di Egidio Checcoli della scorsa
settimana, le quali invece avrebbero dovuto sollecitare una parvenza di discussione
pubblica. L’ex presidente di Legacoop, ricordiamolo, sottolineava
l’incongruenza di un PD in cui si commemora pubblicamente Alcide de Gasperi nel
sessantesimo della morte, e nulla o quasi si dice di Palmiro Togliatti nel
cinquantesimo della scomparsa. Checcoli rammentava (a parer nostro sbagliando)
le manganellate della polizia di Mario Scelba ai manifestanti comunisti
nell’Argentano come tratto distintivo dell’attività di governo nell’immediato
dopoguerra; il che sarebbe un po’ come dire che il PCI emiliano, nello stesso
periodo, si faceva riconoscere solo per attivisti che ammazzavano preti,
sindacalisti bianchi ed esponenti della DC.
Il
punto è però un altro: la storia politica
del paese non interessa a nessuno o quasi, quindi del passato si può dire tutto
e il contrario di tutto senza difficoltà. Nel PD dell’era Renzi troviamo
infatti un confuso “pantheon” in cui si trovano affastellati Enrico Berlinguer,
Aldo Moro e, appunto, Togliatti o De Gasperi. Il legame che unisce queste
figure? Forse il fatto che erano tutte brave persone? Può essere. E basta così?
Evidentemente per il partito di maggioranza relativa la risposta è “sì”.
E’,
insomma, l’uovo di Colombo. La nuova e rampante classe dirigente espressa dai
Democratici, ha scelto, a livello locale e nazionale, una modalità semplice ed
efficace per eliminare il problema della storia e dei suoi snodi, spesso
irrisolti: il passato, specie quello del XX secolo, non c’è più. Scelta
discutibile e radicale, ma che va incontro a un sentire diffuso, specie nelle
generazioni più giovani – e pure nella mezza età – : togliere di mezzo l’inutile
e ingombrante orpello del proprio albero genealogico.
Anche
solo dieci o venti anni fa, sostenere che la festa dell’Unità poteva essere
dedicata a De Gasperi avrebbe sollevato imbarazzo e ilarità, più che polemiche.
Eliminando il passato, invece, tutto è più semplice. Si tengono due o tre nomi
su cui non si sbaglia mai, che vengono usati come santini buoni per benedire
tutto e tutti, e il gioco è fatto. Il PCI e la DC in fondo erano uguali (cosa
sostenuta paradossalmente anche da alcuni epigoni locali di Beppe Grillo) e
comunque non è cosa che interessi molto, c’è da rottamare e c’è da cambiare
verso all’Italia.
Una
sparutissima pattuglia di studiosi locali (di cui mi onoro di far parte) una
decina di anni fa salvò dal macero l’archivio della DC e del PCI di Ferrara, la
famosa città d’arte e cultura. Alla luce dell’evoluzione del PD, la cosa pare
si sia rivelata inutile: il passato, infatti, è stato sterilizzato e congelato:
chi ha voglia lo mette nel microonde, altrimenti resta in freezer. In modo
involontariamente ironico, lo slogan della festa nazionale dell’Unità è “che
storia, il futuro”; a questo punto forse sarebbe più corretto chiedersi: “senza
storia, che futuro?”. E basterebbe guardare la mappa delle crisi che più ci
tormentano in questi giorni, per capire come, senza sapere la storia, non si va
da nessuna parte. Anzi, spesso si va a sbattere.
Andrea
Rossi.