Ho
provato a contare fino a dieci (e pure a cento), ma purtroppo è più forte di me;
la “stanza del silenzio”, inaugurata presso l’ospedale in stile
assiro-ferrarese di Cona, alla presenza dell’assessore Chiara Sapigni e al
direttore Gabriele Rinaldi, decorata con affresco degli studenti del Dosso
Dossi, e con l’accordo di tutti quanti i rappresentanti dei culti riconosciuti
e non, è a mio personalissimo avviso, una boiata pazzesca.

Qualcuno
dirà “allora togliamo anche la cappella”, per quanto mi riguarda sì,
togliamola; meglio che la casa del Signore resti lontana il più possibile da
questo terribile obitorio senza cataletto. Almeno non ci sarebbero infingimenti
su cosa debba o voglia rappresentare questo spazio pieno di nulla. Peraltro sul
finto rispetto dei culti ci sarebbe molto da dire: il cappellano di Cona non
più tardi di sei mesi fa fu esposto alla gogna mediatica cittadina da parte
dell’Arcigay per aver messo sulla sua bacheca una pagina di un quotidiano web
in cui veniva espresso il dissenso e la disapprovazione per la pseudo “legge
contro l’omofobia”. Al tiro al bersaglio, è bene ricordarlo, parteciparono in
ordine sparso un po’ tutti coloro che la scorsa settimana hanno applaudito alla
plurale laica civile e democratica inaugurazione della stanza del vuoto, a
dimostrazione di quanto rispetto reale ci sia per i valori spirituali
sbandierati al taglio del nastro di qualche giorno fa.
Si
potrebbero aggiungere tante cose, a partire dal fatto che in un ospedale
nuovantico dove piove nei corridoi o dove sprofondano le pensiline degli
autobus, le forme per manifestare attenzione ai pazienti e ai loro cari
potrebbero essere diverse, e i soldi meglio spesi, ma ammetto di non avere i
mezzi intellettuali per parlare di cose che non so, e mi rassegno quindi alla
protesta in stile fantozziano, rozza e incivile, in attesa di essere messo in
ginocchio sui ceci. Spero non nella “stanza del silenzio”…