Gianfranco
Rotondi è stato un esponente di terza schiera della DC avellinese, che negli
anni ’90 si è progressivamente avvicinato alle posizioni del centro destra
italiano, formando, nel 2005, una delle tante schegge della diaspora
post-democristiana, il movimento “DC per le autonomie”, sparuta pattuglia che gli
ha comunque permesso di ottenere incarichi governativi nell’ultima stagione
governativa di Silvio Berlusconi.
Dotato
di eloquenza vivace e di un sense of humour difficile da rinvenire fra i fedeli
del cavaliere di Arcore, Gianfranco Rotondi ci ha lasciato imprevisti motivi di
riflessione nel corso di una intervista rilasciata alla trasmissione
radiofonica di Radio24 “La zanzara”; provocato dai conduttori, il politico e
giornalista campano, infatti ha svolto una non banale riflessione sulla classe
politica del nostro paese, partendo da un episodio avvenuto in questi giorni a
Montecitorio, quando a fronte all’indecoroso impallinamento di Franco Marini alla
carica di capo dello stato, aveva interpellato uno degli imberbi neodeputati
del PD, facendo presente come l’ex segretario del PPI fosse l’unico erede della
corrente “Forze nuove” di Carlo
Donat-Cattin, leader vicino da sempre alle posizioni del sindacato cattolico, e
quindi uomo di sicura competenza del mondo del lavoro italiano; la laconica
risposta dello sbarbatello in quota democratica era stata “io sono nato dopo,
non so chi sia questo Donat Cattin”.
Ora,
al di là della constatazione della drammatica incompetenza di una delle nuove
leve parlamentari, che tanti improvvidi “peana” avevano suscitato nella
sinistra italiana, la non banale riflessione di Rotondi proseguiva in questi
termini: siamo entrati nella categoria del “non conosco perché non c’ero”,
ossia il giovanilismo incosciente di questo triste momento del nostro paese
pone evidentemente come elemento distintivo del proprio profilo politico
l’ignoranza del passato, almeno per quanto concerne la stagione precedente alla
propria nascita, limite invalicabile oltre il quale evidentemente c’è il vuoto
assoluto.
L’ossessivo
ritornello delle “facce nuove non legate alla casta” ha così prodotto,
nell’immediato, un risultato tanto deprimente quanto prevedibile: le leve
trascinate nel parlamento nazionale dai fautori del nuovo a tutti i costi,
situati a sinistra, all’estrema sinistra o nelle schiere eterodirette dallo
sciamano ligure del M5S, sono uno specchio perfettamente plausibile dei giovani
italiani, il cui candore scivola ben presto nella sprovvedutezza se non
nell’ignoranza del vademecum minimo che qualsiasi parlamentare dovrebbe avere.
Si
dirà che anche tanti politici di mezza età dimostrano lacune simili se non
peggiori, e non fatichiamo a dissentire da questo punto di vista. Ma ci
chiediamo: se il nuovo è di gran lunga peggiore del vecchio nella conoscenza
minima degli elementi sociali e politici che sono patrimonio di tutti gli
italiani, come si fa ad esaltarlo, senza alcuna riflessione critica? E’
possibile che basti dire “sono nato dopo” per permettersi l’ignoranza su
Amintore Fanfani e Pietro Nenni, su Aldo Moro ed Enrico Berlinguer, su Bettino
Craxi e Ciriaco de Mita? E’ sufficiente l’anagrafe per andare alla Camera o al
Senato senza nulla sapere chi è passato su quegli scranni dal 1946 a oggi? O
per non avere la più pallida idea di chi fosse Carlo Donat-Cattin?
Gianfranco
Rotondi probabilmente non passerà alla storia, ma senz’altro questa generazione
di imberbi apprendisti stregoni, che spiegano il vuoto pneumatico delle loro
conoscenze con l’anagrafe, farà poca strada. A meno che qualcuno dei più
avveduti “rottamati” non inizi a far girare (in formato e-book?) un manuale
bignami che copra almeno gli ultimi settant’anni del nostro paese, i quali
compresero pure una sanguinosa guerra di liberazione nazionale combattuta per
dare diritti e doveri anche a questi deprimenti eredi di tradizioni politiche
forse discutibili, ma di dignità impareggiabile rispetto allo squallore di
oggi.