venerdì 18 gennaio 2013

Gli uomini, i programmi e l'ombelico

In questo convulso inizio di campagna elettorale diversi partiti e formazioni, prima ancora di parlare di contenuti, hanno messo in vetrina quel che hanno: chi i programmi, chi gli uomini e chi il proprio ombelico.
La destra ferrarese ha visto l’abbandono del PDL da parte di Alberto Balboni che, con straordinaria perspicacia, ha scoperto a gennaio 2013 che “Berlusconi non è credibile” e pertanto entra a ranghi serrati e ridotti nei Fratelli d’Italia di Ignazio la Russa. Una parola sui programmi della sua nuova avventura politica? Non pervenuta, se non nel consueto strascico di polemiche tra fratelli coltelli rimasti divisi in casa per troppo tempo. Il miracoloso predellino che doveva unire storie e percorsi non solo diversi ma talvolta conflittuali, si è rivelato invece un vero e proprio trampolino verso il nulla. Le parole d’ordine di chi è rimasto a sostenere la quarta campagna elettorale del cavaliere sono le stesse di sempre: meno tasse per tutti e nuovi posti di lavoro. Crederci rappresenta davvero un atto di fede, visto lo sconquasso creato dallo sgoverno degli ultimi quattro anni.
Attendere qualche dichiarazione dai leghisti pare improbabile, visto che il sentimento dominante è il mugugno per l’accordo "della disperazione" con il PDL. Esemplare il fatto che il sindaco di Bondeno Alan Fabbri, con grande senso di responsabilità, ha evitato di cedere alle lusinghe di possibili candidature per restare dove c’è invece un gran bisogno di continuità amministrativa, nel post terremoto (sensibilità che non ha avuto per esempio il sindaco PD di Crevalcore, candidato al Senato).
I democratici, forti di un consenso settantennale, hanno messo al centro della discussione l’ombelico: da qualche mese infatti è un continuo auto-lodarsi per la propria bravura per le primarie, per le parlamentarie e per la scelta delle candidature. Alla fine dalla “lampada di Aladino” delle consultazioni interne sono usciti (piuttosto prevedibilmente) Dario Franceschini capolista e gli inossidabili Alessandro Bratti e Maria Teresa Bertuzzi posizionati fra i quasi certi per riconquistare i posti appena lasciati.
E i programmi? Unico atto concreto sottoscritto da tutti i candidati PD ferrarsi è il convinto appoggio alle proposte dell’Arcigay sui matrimoni omosessuali, tema evidentemente centrale nella provincia con la peggiore congiuntura economica della regione, e che evidenzia nuovamente il sostanziale disinteresse del PD per le famiglie tradizionali e per il loro ruolo di ammortizzatore sociale in questa stagione di terribile crisi economica. D’altronde, come il segretario provinciale Paolo Calvano ha sapidamente commentato "la famiglia formata da uomo e donna è un retaggio del 1400" (perché proprio di quel secolo non è dato sapere).
In perfetta solitudine, l’Unione di Centro ferrarese ha reso disponibile ormai da settimane sul proprio sito web quello che è stato fatto, e che sarà la base su cui ripartire nel 2013 (http://www.udcferrara.it/111.pdf): le misure fiscali per le famiglie, quelle per le cooperative sociali, le detrazioni per i nuclei familiari e le deduzioni per le imprese, la detassazione dei premi di produttività, le detrazioni e deduzioni per gli start up di impresa. Oggi ci troviamo a dover assistere ad una campagna di stampa squalliduccia sui nomi messi in lista da Monti e dall’UDC. Con grande serenità, ci si lasci dire fin dai tempi della DC  i candidati e le liste vengono sempre dopo i programmi, e su questi ci pare di aver espresso con chiarezza quel che intendiamo fare.
Alcuni mesi fa, Pierluigi Bersani aveva detto con fare serioso che non era più la stagione per i protagonismi individualistici, ma che bisognava tornare "alle proposte e alla progettualità della politica": concetti che, in area PDL, portarono il malcapitato Angelino Alfano ad indire le primarie poi cancellate dall'ennesima discesa in campo berlusconiana. Osservando i cartelloni con l’ingombrante primo piano del politico piacentino, e confrontandoli con il logo della “Lista Monti” dove non ci sono volti ma il nastro tricolore, sarà sufficiente guardarsi attorno per vedere chi ha cambiato idea e chi la “progettualità della politica” l’ha messa davvero al primo posto.