L’11 giugno scorso è scomparso a Roma, improvvisamente, il segretario dell’associazione nazionale partigiani cristiani (ANPC), Bartolo Ciccardini. Adolescente e partigiano, poi esponente di spicco della sinistra democristiana, era persona mite, tenace e onesta, tenace difensore delle radici del movimento cattolico italiano. Due anni fa decise di impegnarsi personalmente, per sostenere e garantire l’esistenza dell’ associazione, depositaria della memoria di chi combattè la guerra di liberazione col fazzoletto azzurro di Enrico Mattei al collo. Gli ultimi mesi non sono stati felici per Bartolo, che davvero fino al giorno della scomparsa ha lottato e protestato per garantire i fondi necessari alla sopravvivenza dell’associazione, i quali sono stati dirottati altrove, in modo arbitrario e immotivato, causandogli immensa amarezza, specie per le improvvide rassicurazioni avute dai diretti interessati del (magro) beneficio. L’eredità che lascia, in una stagione fra le meno liete per il paese e per i cattolici impegnati in politica, è quella della speranza senza cedimenti al disegno della Provvidenza, che ci fa dire, comunque, anche nel momento di maggiore sconforto “omnia in bonum”, tutto concorre al bene, comprese le cose che oggi non capiamo e che ci addolorano. Personalmente, io che sono stato il suo vice in quest’ultimo scorcio della sua esistenza terrena, posso solo salutarlo con le parole di Benigno Zaccagnini, che ANPC ricordò nel novembre 2009 a Ferrara, con un convegno per il 20° anniversario della morte:
A vég par la mi strè
incontra a la mi guéra
s’a chésch a chesch in téra
e 'zzidèint a ch’i m’tò so.
Arrivederci Bartolo, grazie di tutto.
il tuo "vice".