Si è da poco conclusa la festa nazionale delle donne del PD, si possono tirare diverse conclusioni, politiche e non, alla luce di quanto ascoltato nella scorsa settimana.
Le contestazioni della comunità gay a Rosy Bindi non sono state ne’ nuove ne’ imprevedibili, e appaiono invece parte di un meccanismo ben oliato e collaudato da qualche anno; la presidente del PD è oggi ripagata del fatto di essersi “esposta sino a diventare infrequentabile dal mondo da cui provengo” (testuale) con la stessa sonante moneta con cui venne liquidata Paola Binetti: lazzi, frizzi, fischi e pernacchi.
La morale, almeno a me, appare piuttosto chiara: è inutile dichiararsi “diversamente cattolici” per essere accettati in un partito che (legittimamente) ha una classe dirigente di estrazione solidamente laica. A questa conclusione ci sono arrivati in parecchi negli ultimi anni, da Francesco Rutelli a Renzo Lusetti, da Enzo Carra a Dorina Bianchi, ma evidentemente repetita non iuvant e resta solo da attendere chi sarà il prossimo a essere macinato dalla claque laicista.
La cosa che lascia perplessi, invece, è il ribaltare all’esterno del partito di Bersani una questione che è nata, cresciuta ed esplosa all’interno del PD; davvero non si comprende questo affastellarsi di dichiarazioni di esponenti di vario livello del PD ferrarese sull’UDC, le cui posizioni sono state gentilmente definite “incomprensibili”, “retrograde”, “offensive”, “reazionarie”. Evidentemente la bile che non si vuole riversare sui propri colleghi di partito, si sputa fuori con la speranza, piuttosto infantile, di distrarre i propri elettori dai pasticci presenti in casa propria.
Fiorenzo Baratelli, direttore dell’Istituto Gramsci, e quindi mio collega storico, si è lanciato in arditi paragoni con la DC del passato, che si distingueva per la propria “laicità” e per una forte componente “progressista”; senza fare trattati sul tema (su cui ho comunque scribacchiato qualcosa) io rammento che nessuno da Alcide de Gasperi a Matteo Ferrari Aggradi, da Enrico Mattei ad Amintore Fanfani per finire col povero Aldo Moro si sarebbe mai sognato di rinunciare al catechismo per l’unità del partito; fermo restando che parliamo di statisti che avevano l’abitudine di prendere messa e di avere un padre spirituale, che per Benigno Zaccagnini era monsignor Ersilio Tonini.
Nella DC la laicità era l’arte sottile della mediazione e della ragionevolezza, declinata secondo l’adagio di san Tommaso d’Aquino: in certis, unitas; in dubiis, libertas; in omnia, caritas. Tutte cose che forse appartengono ad un passato morto e sepolto, ma che non si possono strumentalizzare sperando che nessuno abbia memoria o si occupi di storia.
Sarebbe poi interessante, visto che molti interlocutori vogliono discutere e confrontarsi “sui programmi”, sapere cosa pensa il PD di problemi come il sostegno al reddito per le famiglie tradizionali (che io mi ostino a chiamare naturali), le stesse che diversi democratici in questi giorni hanno chiamato in modo elegante “la famiglia del mulino bianco”: una bella soddisfazione per chi sta dimostrando di essere l’unico ammortizzatore sociale decente nella peggiore crisi economica del dopoguerra. In piena sintonia con questa rinnovata atmosfera di fervore laico, la responsabile ferrarese diritti del PD Sandra Carli Ballola cita Primo Levi sostenendo “per vivere occorre una identità, ossia una dignità”, e cioè? “la fecondazione assistita, il testamento biologico, l’uso delle cellule staminali embrionali, la definizione dei diritti per le unioni civili eterosessuali e omosessuali”. Wow! per essere gli eredi di chi si diceva paladino della fu "classe proletaria" è una rivoluzione. dalla difesa dei diritti delle famiglie numerose diseredate alla difesa dei diritti dei DINK (double income, no kids).
Io credevo che oggi “la dignità” fosse arrivare in modo decente alla fine del mese, dare opportunità di lavoro a chi lo perde e garantire le condizioni per una maternità e una paternità assistita da un welfare e workfare europeo. Evidentemente a forza di stare nel “mulino bianco” ho perso il contatto con la gente comune. Per riprendere coscienza della realtà, almeno per quanto mi riguarda, farò comunque poca fatica. Mi basta scendere in strada, visto che abito nella ridente via Cesare Battisti di Ferrara.