L'inedita storia delle SS dopo Marzabotto in un mio saggio appena uscito per la rivista Nuova storia contemporanea, già disponibile in libreria o in edicola...
"Brutta copia della bontà è la remissività o ripugnanza a crear contrasti" (Gilbert Chesterton)
lunedì 5 novembre 2012
martedì 11 settembre 2012
Sudditi nel mondo del "politcally correct"
Dopo settimane di sollecitazioni giunte da cittadini, associazioni, comitati e famiglie, finalmente l’amministrazione comunale di Ferrara ha deciso di comunicare quali e quanti istituti scolastici a causa del terremoto dello scorso maggio, saranno costretti ad aperture ritardate o a provvisori cambi di sede. Sgombro immediatamente il campo da qualsiasi equivoco: da parte mia non intendo mettere in dubbio ne’ la buona fede, ne’ il massimo impegno per risolvere una situazione oggettivamente complessa e difficile da risolvere.
Mi preme sottolineare, però, la totale assenza nel corso dell’estate di qualsiasi aggiornamento sullo stato di avanzamento dei lavori e dei possibili ritardi previsti; i genitori spesso già angustiati da problemi economici e lavorativi, avevano diritto ad essere informati dei possibili disagi, quantomeno in tempo utile per coinvolgere le consuete facilities con cui nel nostro capoluogo si aiutano le famiglie in difficoltà: nonni, zii, amici e parrocchie.
Sindaco e assessore competente hanno chiarito alla stampa che hanno preferito il silenzio a comunicazioni incomplete o erronee; liberi loro di ritenere questa scelta corretta, libero io di dire che questa decisione spiega con illuminante chiarezza come le bistrattate famiglie “classiche” non siano evidentemente la priorità di questa amministrazione, tanto presente su Facebook, Twitter o nei blog personali degli assessori per illustrarci ponderose analisi sui massimi sistemi, tanto assente nella cura della comunicazione istituzionale.
Si dirà che non era possibile fare diversamente. Io resto di avviso diverso, ossia che quanto è avvenuto rappresenti invece alla perfezione la scaletta delle priorità dei vertici democratici estensi; all’interno delle feste del PD svoltesi durante gli scorsi mesi, quella nazionale delle donne e quella provinciale si è discusso per estenuanti serate (disertate regolarmente dal pubblico) di famiglie allargate, famiglie gay, convivenze, unioni civili, anche con allegri spernacchiamenti verso chi all’interno di questo partito ha una visione del mondo legata a valori tradizionali, come la malcapitata Rosy Bindi.
Assenti dai temi delle amabili conversazioni a la pàge degli intellettuali e dei sociologi, ovviamente, le famiglie “naturali” (quelle con mamme, babbi e bimbi per intenderci: roba all’antica); per ritrovare un minimo di visibilità queste hanno dovuto strillare sul web e sui giornali la loro rabbia per essere state tenute all’oscuro su come, dove e quando cominceranno le lezioni nelle nostre scuole. Esorcizzate nei dibattiti sono tornate alla ribalta della cronaca per i disagi che dovranno affrontare nei prossimi mesi. E probabilmente, se non si terrà alta l’attenzione, spariranno nuovamente da qualsiasi discussione politica.
Ancora di recente il sindaco di Ferrara ha detto che i suoi interlocutori sono i cittadini. Allora, caro sindaco, i cittadini si incontrano, le famiglie si vanno a trovare, le assemblee per discutere questa fase difficile vanno convocate, come è stato fatto in quasi tutti i comuni coinvolti nel sisma. Non esiste che i disagi di centinaia di famiglie terremotate possano essere risolti con una conferenza stampa e chi si è visto si è visto. Siamo cittadini e non sudditi!!
A.R.
giovedì 26 luglio 2012
Il PD e le famiglie del "mulino bianco"
Si è da poco conclusa la festa nazionale delle donne del PD, si possono tirare diverse conclusioni, politiche e non, alla luce di quanto ascoltato nella scorsa settimana.
Le contestazioni della comunità gay a Rosy Bindi non sono state ne’ nuove ne’ imprevedibili, e appaiono invece parte di un meccanismo ben oliato e collaudato da qualche anno; la presidente del PD è oggi ripagata del fatto di essersi “esposta sino a diventare infrequentabile dal mondo da cui provengo” (testuale) con la stessa sonante moneta con cui venne liquidata Paola Binetti: lazzi, frizzi, fischi e pernacchi.
La morale, almeno a me, appare piuttosto chiara: è inutile dichiararsi “diversamente cattolici” per essere accettati in un partito che (legittimamente) ha una classe dirigente di estrazione solidamente laica. A questa conclusione ci sono arrivati in parecchi negli ultimi anni, da Francesco Rutelli a Renzo Lusetti, da Enzo Carra a Dorina Bianchi, ma evidentemente repetita non iuvant e resta solo da attendere chi sarà il prossimo a essere macinato dalla claque laicista.
La cosa che lascia perplessi, invece, è il ribaltare all’esterno del partito di Bersani una questione che è nata, cresciuta ed esplosa all’interno del PD; davvero non si comprende questo affastellarsi di dichiarazioni di esponenti di vario livello del PD ferrarese sull’UDC, le cui posizioni sono state gentilmente definite “incomprensibili”, “retrograde”, “offensive”, “reazionarie”. Evidentemente la bile che non si vuole riversare sui propri colleghi di partito, si sputa fuori con la speranza, piuttosto infantile, di distrarre i propri elettori dai pasticci presenti in casa propria.
Fiorenzo Baratelli, direttore dell’Istituto Gramsci, e quindi mio collega storico, si è lanciato in arditi paragoni con la DC del passato, che si distingueva per la propria “laicità” e per una forte componente “progressista”; senza fare trattati sul tema (su cui ho comunque scribacchiato qualcosa) io rammento che nessuno da Alcide de Gasperi a Matteo Ferrari Aggradi, da Enrico Mattei ad Amintore Fanfani per finire col povero Aldo Moro si sarebbe mai sognato di rinunciare al catechismo per l’unità del partito; fermo restando che parliamo di statisti che avevano l’abitudine di prendere messa e di avere un padre spirituale, che per Benigno Zaccagnini era monsignor Ersilio Tonini.
Nella DC la laicità era l’arte sottile della mediazione e della ragionevolezza, declinata secondo l’adagio di san Tommaso d’Aquino: in certis, unitas; in dubiis, libertas; in omnia, caritas. Tutte cose che forse appartengono ad un passato morto e sepolto, ma che non si possono strumentalizzare sperando che nessuno abbia memoria o si occupi di storia.
Sarebbe poi interessante, visto che molti interlocutori vogliono discutere e confrontarsi “sui programmi”, sapere cosa pensa il PD di problemi come il sostegno al reddito per le famiglie tradizionali (che io mi ostino a chiamare naturali), le stesse che diversi democratici in questi giorni hanno chiamato in modo elegante “la famiglia del mulino bianco”: una bella soddisfazione per chi sta dimostrando di essere l’unico ammortizzatore sociale decente nella peggiore crisi economica del dopoguerra. In piena sintonia con questa rinnovata atmosfera di fervore laico, la responsabile ferrarese diritti del PD Sandra Carli Ballola cita Primo Levi sostenendo “per vivere occorre una identità, ossia una dignità”, e cioè? “la fecondazione assistita, il testamento biologico, l’uso delle cellule staminali embrionali, la definizione dei diritti per le unioni civili eterosessuali e omosessuali”. Wow! per essere gli eredi di chi si diceva paladino della fu "classe proletaria" è una rivoluzione. dalla difesa dei diritti delle famiglie numerose diseredate alla difesa dei diritti dei DINK (double income, no kids).
Io credevo che oggi “la dignità” fosse arrivare in modo decente alla fine del mese, dare opportunità di lavoro a chi lo perde e garantire le condizioni per una maternità e una paternità assistita da un welfare e workfare europeo. Evidentemente a forza di stare nel “mulino bianco” ho perso il contatto con la gente comune. Per riprendere coscienza della realtà, almeno per quanto mi riguarda, farò comunque poca fatica. Mi basta scendere in strada, visto che abito nella ridente via Cesare Battisti di Ferrara.
mercoledì 2 maggio 2012
lunedì 16 aprile 2012
Pretacci...?
Con l’arrivo ormai annunciato di “striscia la notizia” a Portogaribaldi, speriamo che la non lieta vicenda che ha coinvolto un bambino diversamente abile che non è stato ammesso all'eucarestia, sia ormai ai titoli di coda, anche se a mio modesto parere siamo ben oltre “la frutta”, ma abbiamo abbondantemente superato il caffè, l’ammazzacaffè e il digestivo.
La mia premessa è semplice: non intendo soffermarmi sulla questione della presunta “comunione non data” (su cui la diocesi ha dato spiegazioni abbondanti ed esaudienti), perché trovo interessante non tanto la cosa “in sé”, quanto le reazioni e gli interventi che si sono succeduti in molti media “on line” e nei commenti di chi a vario titolo, a proposito e quasi sempre a sproposito, ha sentito il dovere di dire la sua su quanto accaduto.
La prima cosa che lascia meravigliati è la quantità di persone, anche in ambito ecclesiastico, che si sono sentite in dovere di dire la propria opinione senza nulla sapere del caso specifico. Ora se don Andrea Gallo o il portavoce della comunità Giovanni XXIII possono avere, tramite le misteriose vie dello Spirito Santo, una idea di fatti e questioni che riguardano un sacerdote e le sue scelte individuali, resta abbastanza misterioso che tipo di illuminazione possono avere avuto gli esponenti ferraresi di Rifondazione Comunista per censurare le scelte del parroco, cosa che può sembrare una barzelletta di cattivo gusto, ma che è avvenuta per via ufficiale: i comunisti estensi hanno duramente criticato don Piergiorgio Zaghi su questioni meramente religiose (!). Non meno sconcertanti sono apparsi i commenti di altri soggetti, come l’Osservatorio sui diritti dei minori, che ha sentito il dovere di insegnare a un sacerdote come si esercita il suo ministero. Non è mancato il tratto grottesco con il presunto ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo da parte di inesistenti avvocati del foro di Parma, notizia che prima di essere sbugiardata è stata riportata (e commentata in modo pesantissimo, anche sul serioso Corriere della Sera) da quasi tutti i media nazionali.
Si tratta evidentemente di cose che qualche decina di anni fa avrebbero sepolto di ridicolo chiunque si fosse accostato all’argomento. Ma quando mai si è visto un partito, una associazione, o la preclara trasmissione di Antonio Ricci occuparsi di faccende che sono di esclusiva discrezionalità di un sacerdote? E il peggio pare non avere fine: il parroco ha avuto una contestazione da presunti “fedeli” (?), davanti alla Chiesa, e qualcuno ha pensato di tirare un vaso da fiori contro la porta dell’abitazione.
Si dirà che questo campione non rappresenta l’umore dei cittadini. E’ vero. Gli umori della “ggente” infatti sono pure peggiori, basta dare un’occhiata ai commenti on-line che si sono letti in questi giorni su internet, dove si è da “i preti sono una brutta razza”, “la religione succhia i soldi ai gonzi”, ad un altro fenomeno degno di nota: l’improvvisazione predicatoria, l’interpretazione self-made del Vangelo da parte di persone che probabilmente in genere scantonano le chiese come se fossero luoghi per appestati, ma che ovunque sul web si sono sentiti in dovere di citare le Scritture e di giudicare parroco, diocesi e clero. Molti di questi interventi raccolgono un tale quantitativo di baggianate pseudo religiose da Bignami anticlericale che sono di per sé testimonianza di insipienza piuttosto che di saggezza popolare. Eppure desta stupore il numero di coloro che premettendo “io non vado in chiesa, però …” dispensano perle di teologia morale, in cui non manca mai la frase “Gesù avrebbe fatto … Cristo avrebbe detto …”. Che Cristo conoscano non è facile capirlo visti poi gli sfondoni che poi si leggono in queste intemerate.
E i credenti e praticanti, minoranza assediata in questa società sempre più laicista e ostile? Zitti. Muti. Silenziosi. Non una riga sui giornali, non un commento, non dico comprensivo, ma quantomeno equilibrato. Silenzio assoluto, tombale. Anzi, qualcuno esprime vergogna, come se il clima generale facesse ritenere colpa collettiva una questione individuale che colpa non è, ma libera scelta di un sacerdote. Io credo invece che il silenzio sia colpevole arrendevolezza in questa stagione non lieta di costante attacco alla Chiesa.
Per quanto mi riguarda, e fosse anche la sola voce fuori dal coro, di bastonate, mediatiche e non, ne sono arrivate anche troppe su don Piergiorgio Zaghi, a cui invio la mia personale solidarietà per quello che ha dovuto subire e che ancora oggi deve tollerare, nel silenzio generale di chi poteva spendere una parola buona e non l’ha fatto. O di chi magari ha detto parole cattive, sapendo di fare male a un prete che senz’altro vive questo momento non lieto con angustia e dolore.
La mia premessa è semplice: non intendo soffermarmi sulla questione della presunta “comunione non data” (su cui la diocesi ha dato spiegazioni abbondanti ed esaudienti), perché trovo interessante non tanto la cosa “in sé”, quanto le reazioni e gli interventi che si sono succeduti in molti media “on line” e nei commenti di chi a vario titolo, a proposito e quasi sempre a sproposito, ha sentito il dovere di dire la sua su quanto accaduto.
La prima cosa che lascia meravigliati è la quantità di persone, anche in ambito ecclesiastico, che si sono sentite in dovere di dire la propria opinione senza nulla sapere del caso specifico. Ora se don Andrea Gallo o il portavoce della comunità Giovanni XXIII possono avere, tramite le misteriose vie dello Spirito Santo, una idea di fatti e questioni che riguardano un sacerdote e le sue scelte individuali, resta abbastanza misterioso che tipo di illuminazione possono avere avuto gli esponenti ferraresi di Rifondazione Comunista per censurare le scelte del parroco, cosa che può sembrare una barzelletta di cattivo gusto, ma che è avvenuta per via ufficiale: i comunisti estensi hanno duramente criticato don Piergiorgio Zaghi su questioni meramente religiose (!). Non meno sconcertanti sono apparsi i commenti di altri soggetti, come l’Osservatorio sui diritti dei minori, che ha sentito il dovere di insegnare a un sacerdote come si esercita il suo ministero. Non è mancato il tratto grottesco con il presunto ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo da parte di inesistenti avvocati del foro di Parma, notizia che prima di essere sbugiardata è stata riportata (e commentata in modo pesantissimo, anche sul serioso Corriere della Sera) da quasi tutti i media nazionali.
Si tratta evidentemente di cose che qualche decina di anni fa avrebbero sepolto di ridicolo chiunque si fosse accostato all’argomento. Ma quando mai si è visto un partito, una associazione, o la preclara trasmissione di Antonio Ricci occuparsi di faccende che sono di esclusiva discrezionalità di un sacerdote? E il peggio pare non avere fine: il parroco ha avuto una contestazione da presunti “fedeli” (?), davanti alla Chiesa, e qualcuno ha pensato di tirare un vaso da fiori contro la porta dell’abitazione.
Si dirà che questo campione non rappresenta l’umore dei cittadini. E’ vero. Gli umori della “ggente” infatti sono pure peggiori, basta dare un’occhiata ai commenti on-line che si sono letti in questi giorni su internet, dove si è da “i preti sono una brutta razza”, “la religione succhia i soldi ai gonzi”, ad un altro fenomeno degno di nota: l’improvvisazione predicatoria, l’interpretazione self-made del Vangelo da parte di persone che probabilmente in genere scantonano le chiese come se fossero luoghi per appestati, ma che ovunque sul web si sono sentiti in dovere di citare le Scritture e di giudicare parroco, diocesi e clero. Molti di questi interventi raccolgono un tale quantitativo di baggianate pseudo religiose da Bignami anticlericale che sono di per sé testimonianza di insipienza piuttosto che di saggezza popolare. Eppure desta stupore il numero di coloro che premettendo “io non vado in chiesa, però …” dispensano perle di teologia morale, in cui non manca mai la frase “Gesù avrebbe fatto … Cristo avrebbe detto …”. Che Cristo conoscano non è facile capirlo visti poi gli sfondoni che poi si leggono in queste intemerate.
E i credenti e praticanti, minoranza assediata in questa società sempre più laicista e ostile? Zitti. Muti. Silenziosi. Non una riga sui giornali, non un commento, non dico comprensivo, ma quantomeno equilibrato. Silenzio assoluto, tombale. Anzi, qualcuno esprime vergogna, come se il clima generale facesse ritenere colpa collettiva una questione individuale che colpa non è, ma libera scelta di un sacerdote. Io credo invece che il silenzio sia colpevole arrendevolezza in questa stagione non lieta di costante attacco alla Chiesa.
Per quanto mi riguarda, e fosse anche la sola voce fuori dal coro, di bastonate, mediatiche e non, ne sono arrivate anche troppe su don Piergiorgio Zaghi, a cui invio la mia personale solidarietà per quello che ha dovuto subire e che ancora oggi deve tollerare, nel silenzio generale di chi poteva spendere una parola buona e non l’ha fatto. O di chi magari ha detto parole cattive, sapendo di fare male a un prete che senz’altro vive questo momento non lieto con angustia e dolore.
sabato 17 marzo 2012
SARA' PARCO ZACCAGNINI
Alla fine abbiamo vinto (un po' tutti): la via proposta era davvero dissennata, e così arriverà il parco Zaccagnini, in un bello spigolo di Ferrara, fra via Orlando Furioso e via Fulvio Testi: un parchetto dove da sempre si trovano famiglie e bambini, e dove anche noi festeggiamo spesso il compleanno dei nostri figli... grazie a tutti coloro che si sono impegnati in questa iniziativa, e spero presto che arrivino altre buone notizie...
giovedì 15 marzo 2012
INSIEME PER BENIGNO
Carissimi,
vi volevo coinvolgere su una cosa che mi sta a cuore: a ferrara sarà inaugurata "via Benigno Zaccagnini". Tralasciamo il fatto che come Associazione nazionale partigiani cristiani (ANPC) l'avevamo chiesto cinque anni fa, e ci sono passate avanti "via Muddy Waters" e "via Miles Davis" (evidentemente entrambi hanno dato alla cultura estense di più del maggiore politico cattolico espresso dall'Emilia Romagna nel XX secolo...). Sorvoliamo poi che "Via Benigno Zaccagnini" sarà una fondamentale arteria che collegherà il casello di Ferrara Nord al deposito del Corriere Bartolini e che attualmente è una striscia di asfalto in mezzo alla campagna, con lampioni che illuminano il nulla circostante. Unico nostro desiderio, espresso pure da Giorgio Franceschini (il padre di Dario, recentemente scomparso, che negli anni '50 e '60 fu parlamentare DC assieme a Zaccagnini) era che l'inaugurazione venisse inserita fra le celebrazioni del 25 aprile, vista anche la fortunata coincidenza che il 17 aprile è il centenario della nascita. Bene. La scorsa settimana alla riunione del comitato organizzativo del 25 aprile, alla nostra richiesta sulla questione ci è stato risposto: "il calendario è molto pieno, i cartoncini per gli inviti sono giè in stampa (sic...) la targa non è pronta (ri-sic: ci vuole una settimana), ci penseremo, vedremo, valuteremo, faremo sapere...". Morale: arrivati a questo punto, a parer mio, serve un po' di "moral suasion", perchè la cosa sta assumendo aspetti grotteschi e - a nostro modesto parere - un pelino vergognosi. Nessuno pretende iniziative come quelle che ci saranno a Ravenna (http://www.fondazionecassaravenna.it/News/Centenario-della-nascita-di-Benigno-Zaccagnini.aspx), ma semplicemente di non ritardare ulteriormente decisioni ormai prese nero su bianco e che hanno superato il vaglio di commissioni, sottocommissioni e autorità costituite. Vi lascio quindi la posta elettronica dell'assessore alla cultura Massimo Maisto (segreteria.vicesindaco@comune.fe.it ) e quella del sindaco Tiziano Tagliani (segr.sindaco@comune.fe.it ) per mandare un semplice messaggio: VOGLIAMO VIA ZACCAGNINI PER IL XXV APRILE. Grazie a tutti voi, e un ricordo personale per Benigno: ciao Zac.