lunedì 19 dicembre 2011

oggetti di studio e animali da laboratorio?

Ci siamo sempre astenuti nelle nostre osservazioni di entrare in una spirale vittimistica; in passato avevamo scritto, con ironia e fair play, di “botte ai preti”, “legnate al Papa”, e così via. Va detto però che, mentre si aggrava la presente crisi economica, i media nazionali e con ancora maggior pervicacia il web (social network e blog, soprattutto) stanno orientando l’opinione pubblica con straordinaria pervicacia “contra ecclesia”: il dato di fatto è talmente self-evident che ci pare non necessiti di ragguagli per chi ci legge.

La campagna demagogica sui presunti favoritismi alla Chiesa cattolica in merito all’ICI, che in altri periodi avrebbe probabilmente suscitato l’interesse dell’associazione per lo sbattezzo, o di qualche sparuta pattuglia radicale, è diventato serioso tema di discussione nei talk show e nelle indagini televisive, per non parlare della martellante, ossessiva e indisponente denigrazione che ha invaso Internet: si provi a digitare – a titolo di prova – la trucida invettiva “morte al papa” per vedere quanti e quali risultati siano reperibili sui motori di ricerca più usati (sarebbe interessante sapere se la Polizia postale si è mai interessata in modo sistematico di chi incita ad ammazzare il pontefice, ma tant’è …).
In momenti di instabilità e recessione può accadere che si cerchi un capro espiatorio, e probabilmente le gerarchie vaticane hanno tardato a comprendere quanto fosse pervasivo l’attacco anticlericale; aggiungiamo che diversi alti esponenti del clero avrebbero potuto comunicare in modo migliore la posizione della Santa sede, e forse potevano meglio meditare alcune dichiarazioni che sono risultate in fin dei conti ulteriore benzina sul fuoco. Resta il fatto che questo accanimento inizia a non sembrare casuale e dovuto alle fortuite contingenze in cui la nostra non fortunata nazione si trova. Luca Negri, sul sito web www.ragionpolitica.it, lo scorso settembre – piuttosto profeticamente dichiarava: “… La cultura progressista e l'incultura anticlericale possono sferrare l'ennesimo attacco alla Chiesa di Roma, presentata non solo come parassitaria (vedi la campagna contro l'esenzione da Ici e l'uso dell'otto per mille) ma come nociva, maligna, criminale. La religione cattolica è attualmente la più perseguitata del globo, lo dicono i dati di una fonte credibile come Amnesty International; questa persecuzione assume un aspetto sanguinario e liberticida in alcuni paesi islamici o comunisti. Purtroppo però nell'Europa scristianizzata e disorientata la persecuzione assume invece caratteri di una Kulturkampf pronta a diffondere ogni falsità e a deformare le verità …”. Troviamo che "Kulturkampf" non sia termine esagerato. Qui infatti si tratta di una guerra culturale, condotta ormai in modo sistemico, senza nemmeno la parvenza di dialettica culturale.

A metà di questo dicembre, l’Istituto storico “Ferruccio Parri” di Bologna ha promosso un corposo convegno, peraltro patrocinato dalla presidenza della Repubblica, dal titolo “Anti-Risorgimento: dalla critica alla delegittimazione”. Il direttore dell’Istituto, peraltro persona squisita e studioso di solide basi scientifiche, nel presentare l’iniziativa, così giustificava la necessità dell’appuntamento culturale: “… tra gli scopi che propone il convegno c’è quello di mettere a fuoco i tempi, gli attori e le modalità attraverso i quali la critica su basi scientifiche ha lasciato il posto a una serie invadente di revisionismi ideologicamente e territorialmente connotati …”.
In sostanza, una assise dei migliori ricercatori accademici del nostro paese, si riunisce (si badi bene) non per “discutere con” chi ha giudizi e valutazioni storiche alternative a quelle del mainstream incensatorio che è emerso in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, ma per “discutere di” chi ha cercato di spiegare l’ottocento italiano in modo critico ed – ebbene sì – revisionista …; in sostanza l'oggetto di studio sono le posizioni di altri ricercatori, trattati evidentemente come cavie di laboratorio.

Fra gli oratori, nessuna voce altra, nessuna stecca nel coro, nessuno studioso che abbia proposto indagini diverse da quelle canoniche rinvenibili in cent’anni di manuali di storia, tetragoni a qualsiasi deviazione dai desiderata del venerabile Silvio Spaventa che voleva la scuola pubblica come palestra di scristianizzazione del paese: una opera di pietas laica altrove definita eufemisticamente come “instaurazione della religione civile”. Niente di tutto questo: le voci altre sono l’oggetto stesso del dibattito, come se l’espressione di una diversa opinione sul Risorgimento, nell’Italia del XXI secolo debba essere trattata alla stregua una patologia, per la quale i medici-storici si affannano per trovare la cura. E’ spiacevole osservare una situazione in cui le interpretazioni di un fenomeno vengono trattate come i “deviazionismi” di staliniana memoria, e quindi non affrontate con metodo critico, ma ostracizzate in senso assoluto: si tratta infatti di “revisionismi ideologicamente connotati”, definizione pedante ed astrusa, di chi con tutta evidenza ha perso l’abitudine di discutere con chi la vede diversamente da lui.
Non disperiamo nel recupero della razionalità da parte di tanti amici (che tali sono davvero) che hanno partecipato al convegno, di cui conosciamo le capacità e i meriti; confidiamo, per tutti noi, che finita questa sbornia laicista ci siano i margini per riprendere il confronto fra studiosi di ogni ispirazione, senza distinzioni fra "soggetto di studio" e "oggetto di studio".


a.r.

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